giovedì 17 novembre 2011

Il Presidente Monti al Senato per la fiducia – Testo integrale del discorso

Signor Presidente, onorevoli senatrici, onorevoli senatori, è con grande emozione che mi rivolgo a voi come primo atto del percorso rivolto ad ottenere la fiducia del Parlamento al Governo ieri costituito.
L'emozione è accresciuta dal fatto che prendo oggi la parola per la prima volta in questa Aula nella quale mi avete riservato qualche giorno fa un'accoglienza che mi ha commosso. Sono onorato di entrare a far parte del Senato della Repubblica.
Desidero rivolgere un saluto deferente al Capo dello Stato, presidente Napolitano che con grande saggezza, perizia e senso dello Stato ha saputo risolvere una situazione difficile in tempi ristrettissimi nell'interesse del Paese e di tutti i cittadini.
Vorrei anche rinnovargli la mia gratitudine per la fiducia accordata alla mia persona, per il sostegno e la partecipazione che mi ha costantemente assicurato nei miei sforzi per comporre un Governo che potesse soddisfare le richieste delle forze politiche e, al contempo, dare risposte efficaci alle gravi sfide che il nostro Paese ha di fronte a sé.
Rivolgo il mio saluto ai Presidenti emeriti della Repubblica, ai senatori a vita e a tutti i senatori. Mi auguro di poter stabilire con ciascuno di voi anche un rapporto personale come vostro collega, sia pure l'ultimo arrivato.
Il Parlamento è il cuore pulsante di ogni politica di Governo, lo snodo decisivo per il rilancio e il riscatto della vita democratica. Al Parlamento vanno riconosciute e rafforzate attraverso l'azione quotidiana di ciascuno di noi dignità, credibilità e autorevolezza.
Da parte mia, da parte nostra, vi sarà sempre una chiara difesa del ruolo di entrambe le Camere quali protagoniste del pubblico dibattito.
Un ringraziamento specifico e molto sentito desidero, infine, esprimere al vostro, al nostro, Presidente. Il presidente Schifani ha voluto accogliermi, fin dal primo istante di questa mia missione - come potete immaginare, non semplicissima - svoltasi, in gran parte, a Palazzo Giustiniani, con una generosità e una cordialità che non potrò dimenticare.
Rivolgo, infine, un pensiero rispettoso e cordiale al presidente, onorevole dottor Silvio Berlusconi mio predecessore, del quale mi fa piacere riconoscere l'impegno nel facilitare in questi giorni la mia successione nell'incarico.
Il Governo riconosce di essere nato per affrontare in spirito costruttivo e unitario una situazione di seria emergenza. Vorrei usare questa espressione: Governo di impegno nazionale. Governo di impegno nazionale significa assumere su di sé il compito di rinsaldare le relazioni civili e istituzionali, fondandole sul senso dello Stato. È il senso dello Stato, è la forza delle istituzioni, che evitano la degenerazione del senso di famiglia in familismo, dell'appartenenza alla comunità di origine in localismo, del senso del partito in settarismo. Ed io ho inteso fin dal primo momento il mio servizio allo Stato non certo con la supponenza di chi, considerato tecnico, venga per dimostrare un'asserita superiorità della tecnica rispetto alla politica. Al contrario, spero che il mio Governo ed io potremo, nel periodo che ci è messo a disposizione, contribuire in modo rispettoso e con umiltà a riconciliare maggiormente - permettetemi di usare questa espressione - i cittadini e le istituzioni, i cittadini alla politica.
Io vorrei, noi vorremmo, aiutarvi tutti a superare una fase di dibattito, che fa parte naturalmente della vita democratica, molto, molto, accesa, e consentirci di prendere insieme, senza alcuna confusione delle responsabilità, provvedimenti all'altezza della situazione difficile che il Paese attraversa, ma con la fiducia che la politica che voi rappresentate sia sempre più riconosciuta, e di nuovo riconosciuta, come il motore del progresso del Paese.
Le difficoltà del momento attuale. L'Europa sta vivendo i giorni più difficili dagli anni del secondo dopoguerra. Il progetto che dobbiamo alla lungimiranza di grandi uomini politici, quali furono Konrad Adenauer, Jean Monnet, Robert Schuman e - sottolineo in modo particolare - Alcide De Gasperi e che per sessant'anni abbiamo perseguito, passo dopo passo, dal Trattato di Roma - non a caso di Roma - all'atto unico, ai Trattati di Maastricht e di Lisbona, è sottoposto alla prova più grave dalla sua fondazione.
Un fallimento non sarebbe solo deleterio per noi europei. Farebbe venire meno la prospettiva di un mondo più equilibrato in cui l'Europa possa meglio trasmettere i suoi valori ed esercitare il ruolo che ad essa compete, in un mondo sempre più bisognoso di una governance multilaterale efficace.
Non illudiamoci, onorevoli senatori, che il progetto europeo possa sopravvivere se dovesse fallire l'Unione Monetaria. La fine dell'euro disgregherebbe il mercato unico, le sue regole, le sue istituzioni. Ci riporterebbe là dove l'Europa era negli anni cinquanta.
La gestione della crisi ha risentito di un difetto di governance e, in prospettiva, dovrà essere superata con azioni a livello europeo. Ma solo se riusciremo ad evitare che qualcuno, con maggiore o minore fondamento, ci consideri l'anello debole dell'Europa, potremo ricominciare a contribuire a pieno titolo all'elaborazione di queste riforme europee. Altrimenti ci ritroveremo soci di un progetto che non avremo contribuito ad elaborare, ideato da Paesi che, pur avendo a cuore il futuro dell'Europa, hanno a cuore anche i lori interessi nazionali, tra i quali non c'è necessariamente una Italia forte.
Il futuro dell'euro dipende anche da ciò che farà l'Italia nelle prossime settimane, anche e non solo, ma anche. Gli investitori internazionali detengono quasi metà del nostro debito pubblico. Dobbiamo convincerli che abbiamo imboccato la strada di una riduzione graduale ma durevole del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo. Quel rapporto è oggi al medesimo livello al quale era vent'anni fa ed è il terzo più elevato tra i Paesi dell'OCSE. Per raggiungere questo obiettivo intendiamo far leva su tre pilastri: rigore di bilancio, crescita ed equità.
Nel ventennio trascorso l'Italia ha fatto molto per riportare in equilibrio i conti pubblici, sebbene alzando l'imposizione fiscale su lavoratori dipendenti e imprese, più che riducendo in modo permanente la spesa pubblica corrente. Tuttavia, quegli sforzi sono stati frustrati dalla mancanza di crescita. L'assenza di crescita ha annullato i sacrifici fatti. Dobbiamo porci obiettivi ambiziosi sul pareggio di bilancio, sulla discesa del rapporto tra debito e PIL. Ma non saremo credibili, neppure nel perseguimento e nel mantenimento di questi obiettivi, se non ricominceremo a crescere.
Ciò che occorre fare per ricominciare a crescere è noto da tempo. Gli studi dei migliori centri di ricerca italiani avevano individuato le misure necessarie molto prima che esse venissero recepite nei documenti che in questi mesi abbiamo ricevuto dalle istituzioni europee. Non c'è nessuna originalità europea nell'aver individuato ciò che l'Italia deve fare per crescere di più. È un problema del sistema italiano riuscire a decidere e poi ad attuare quanto noi italiani sapevamo bene fosse necessario per la nostra crescita.
Non vediamo i vincoli europei come imposizioni. Anzitutto permettetemi di dire, e me lo sentirete affermare spesso, che non c'è un loro e un noi. L'Europa siamo noi.
Quelli che poi ci vengono in un turbinio di messaggi, di lettere e di deliberazioni dalle istituzioni europee sono per lo più provvedimenti rivolti a rendere meno ingessata l'economia, a facilitare la nascita di nuove imprese e poi indurne la crescita, migliorare l'efficienza dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche, favorire l'ingresso nel mondo del lavoro dei giovani e delle donne, le due grandi risorse sprecate del nostro Paese.
L'obiezione che spesso si oppone a queste misure è che esse servono, certo, ma nel breve periodo fanno poco per la crescita. È un'obiezione dietro la quale spesso si maschera - riconosciamolo - chi queste misure non vuole, non tanto perché non hanno effetti sulla crescita nel breve periodo (che è vero che non hanno), ma perché si teme che queste misure ledano gli interessi di qualcuno. Ma, evidentemente, più tardi si comincia, più tardi arriveranno i benefìci delle riforme. Ma, soprattutto, le scelte degli investitori che acquistano i nostri titoli pubblici sono guidate sì da convenienze finanziarie immediate, ma - mettiamocelo in testa - sono guidate anche dalle loro aspettative su come sarà l'Italia fra dieci o vent'anni, quando scadranno i titoli che acquistano oggi.
Quindi, non c'è iato la tra le cose che dobbiamo o fare oggi o avviare oggi, anche se avranno effetti lontani, perché anche gli investitori, che ci premiano o ci puniscono, agiscono oggi, ma guardano anche agli effetti lontani.
Riforme che hanno effetti anche graduali sulla crescita, influendo sulle aspettative degli investitori, possono riflettersi in una riduzione immediata dei tassi di interesse, con conseguenze positive sulla crescita stessa. I sacrifici necessari per ridurre il debito e per far ripartire la crescita dovranno essere equi. Maggiore sarà l'equità, più accettabili saranno quei provvedimenti e più ampia - mi auguro - sarà la maggioranza che in Parlamento riterrà di poterli sostenere. Equità significa chiedersi quale sia l'effetto delle riforme non solo sulle componenti relativamente forti della società, quelle che hanno la forza di associarsi, ma anche sui giovani e sulle donne. Dobbiamo renderci conto che, se falliremo e se non troveremo la necessaria unità di intenti, la spontanea evoluzione della crisi finanziaria ci sottoporrà tutti, ma soprattutto le fasce più deboli della popolazione, a condizioni ben più dure.
La crisi che stiamo vivendo è internazionale; questo è ovvio, ma conviene ripeterlo ogni volta, anche ad evitare demonizzazioni. È internazionale, lo sto dicendo a tutti. Ma l'Italia ne ha risentito in maniera particolare. Secondo la Commissione europea, al termine del prossimo anno il prodotto interno lordo dell'Italia sarebbe ancora quattro punti e mezzo al di sotto del livello raggiunto prima della crisi. Per la stessa data, l'area dell'euro nel suo complesso avrebbe invece recuperato la perdita di prodotto dovuta alla crisi. Francia e Germania raggiungerebbero il traguardo di riportarsi al livello precrisi nell'anno in corso. La relativa debolezza della nostra economia precede l'avvio della crisi.
Tra il 2001 e il 2007 il prodotto italiano è cresciuto di 6,7 punti percentuali, contro i 12 della media dell'area dell'euro, i 10,8 della Francia e gli 8,3 della Germania. I risultati sono deludenti al Nord come al Sud. E non vi propongo un paragone con la Cina o con altri Paesi emergenti, ma con i nostri colleghi ed amici stretti della zona euro. La crisi ha colpito più duramente i giovani. Ad esempio, nei 15 Paesi che componevano l'Unione europea fino al 2004, tra il 2007 e il 2010 il tasso di disoccupazione nella classe di età 15-24 anni è aumentato di cinque punti percentuali, in Italia di 7,6 punti percentuali.
Il nostro Paese rimane caratterizzato da profonde disparità territoriali. Il lungo periodo di bassa crescita e la crisi le hanno accentuate. Esiste una questione meridionale: infrastrutture, disoccupazione, innovazione, rispetto della legalità.
I problemi nel Mezzogiorno vanno affrontati non nella logica del chiedere di più, ma di una razionale modulazione delle risorse.
Esiste anche una questione settentrionale: costo della vita, delocalizzazione, nuove povertà, bassa natalità.
Il riequilibrio di bilancio, le riforme strutturali e la coesione territoriale richiedono piena e leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali.
Occorre riconoscere il valore costituzionale delle autonomie speciali, nel duplice binario della responsabilità e della reciprocità.
In quest'ottica, per rispondere alla richiesta formulata dalle istituzioni territoriali che, devo dire, ho ascoltato con molta attenzione. Se dovete fare una scelta - mi permetto di rivolgermi a tutti - ascoltate, non applaudite!
Non ripeterò l'importanza del valore costituzionale delle autonomie speciali, perché altrimenti arrivano di nuovo applausi; l'ho già detto e lo avete ascoltato.
In quest'ottica - come stavo dicendo - perrispondere alla richiesta formulata dalle istituzioni territoriali nel corso delle consultazioni, ho deciso di assumere direttamente in questa prima fase le competenze relative agli affari regionali. Spero in questo modo di manifestare una consapevolezza condivisa circa il fatto che il lavoro comune con le autonomie territoriali debba proseguire e rafforzarsi, nonostante le difficoltà dell'agenda economica. In tale prospettiva si dovrà operare senza indugio per un uso efficace dei fondi strutturali dell'Unione europea.
Sono consapevole che sarebbe un'ambizione eccessiva da parte mia e da parte nostra pretendere di risolvere in un arco di tempo limitato, qual è quello che ci separa dalla fine di questa legislatura, problemi che hanno origini profonde e che sono radicati in consuetudini e comportamenti consolidati. Ciò che si prefiggiamo di fare è impostare il lavoro, mettere a punto gli strumenti che permettano ai Governi che ci succederanno di proseguire un processo di cambiamento duraturo.
Per questo il programma che vi sottopongo oggi si compone di due parti, che hanno obiettivi ed orizzonti temporali diversi. Da un lato, vi è una serie di provvedimenti per affrontare l'emergenza, assicurare la sostenibilità della finanza pubblica, restituire fiducia nelle capacità del nostro Paese di reagire e sostenere una crescita duratura ed equilibrata. Dall'altro lato, si tratta di delineare con iniziative concrete un progetto per modernizzare le strutture economiche e sociali, in modo da ampliare le opportunità per le imprese, i giovani, le donne e tutti i cittadini, in un quadro di ritrovata coesione sociale e territoriale.
In considerazione dell'urgenza con la quale abbiamo dovuto operare per la formazione di questo Governo - ed in questo senso voglio ringraziare le diverse forze politiche che, nei miei confronti, figura estranea al vostro mondo, si sono gentilmente e con sollecitudine apprestate all'ascolto e all'offerta di contributi dei quali ho cercato di tenere conto - quello che intendo fare oggi è semplicemente presentarvi gli aspetti essenziali dell'azione che intendiamo svolgere. Se otterremo la fiducia del Parlamento, ciascun Ministro esporrà alle Commissioni parlamentari competenti le politiche attraverso le quali, nei singoli settori, queste azioni verranno avviate.
È in discussione in Parlamento una proposta di legge costituzionale per introdurre un vincolo di bilancio in pareggio per le amministrazioni pubbliche, in coerenza con gli impegni presi nell'ambito dell'Eurogruppo.
L'adozione di una regola di questo tipo può contribuire a mantenere nel tempo il pareggio di bilancio programmato per il 2013, evitando che i risultati conseguiti con intense azioni di risanamento vengano erosi negli anni successivi, come è accaduto in passato. Affinché il vincolo sia efficace, dovranno essere chiarite le responsabilità dei singoli livelli di Governo.
A questo proposito ed anche in considerazione della complessità della regola, ad esempio l'aggiustamento per il ciclo, sarà opportuno studiare l'esperienza di alcuni Paesi europei che hanno affidato ad autorità indipendenti la valutazione del rispetto sostanziale della regola, dato che in questa materia la credibilità nei confronti di noi stessi e del mondo è un requisito essenziale. Sarà anche necessario attuare rapidamente l'armonizzazione dei bilanci delle amministrazioni pubbliche. Opportunamente la proposta di legge in discussione in Parlamento già prevede l'assegnazione allo Stato della potestà legislativa esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici. Nell'immediato daremo piena attuazione alle manovre varate nel corso dell'estate, completandole attraverso interventi in linea con la lettera di intenti inviata alle autorità europee.
Nel corso delle prossime settimane valuteremo la necessità di ulteriori correttivi. Una parte significativa della correzione dei saldi programmata durante l'estate è attesa dall'attuazione della riforma dei sistemi fiscale ed assistenziale. Dovremmo pervenire al più presto ad una definizione di tale riforma e ad una valutazione prudenziale dei suoi effetti. Dovranno inoltre essere identificati gli interventi, volti a colmare l'eventuale divario rispetto a quelli indicati nella manovra di bilancio.
Di fronte ai sacrifici che sono stati e che dovranno essere richiesti ai cittadini sono ineludibili interventi volti a contenere i costi di funzionamento degli organi elettivi. I soggetti che ricoprono cariche elettive, i dirigenti designati politicamente nelle società di diritto privato, finanziate con risorse pubbliche, più in generale quanti rappresentano le istituzioni ad ogni livello politico ed amministrativo, dovranno agire con sobrietà ed attenzione al contenimento dei costi, dando un segnale concreto ed immediato. Si dovranno rafforzare gli interventi effettuati con le ultime manovre di finanza pubblica, con l'obiettivo di allinearci rapidamente alle best practices europee.
Per quanto di mia diretta competenza, avvierò immediatamente una spending review del Fondo unico della Presidenza del Consiglio. Ritengo inoltre necessario ridurre le sovrapposizioni tra i livelli decisionali e favorire la gestione integrata dei servizi per gli Enti locali di minori dimensioni. Il riordino delle competenze delle Province può essere disposto con legge ordinaria. La prevista specifica modifica della Costituzione potrà completare il processo, consentendone la completa eliminazione, così come prevedono gli impegni presi con l'Europa.
Per garantire la natura strutturale della riduzione delle spese dei Ministeri, decisa con la legge di stabilità, andrà definito rapidamente il programma per la riorganizzazione della spesa, previsto dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, in particolare per quanto riguarda l'integrazione operativa delle agenzie fiscali, la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell'amministrazione dello Stato, il coordinamento delle attività delle forze dell'ordine, l'accorpamento degli enti della previdenza pubblica, la razionalizzazione dell'organizzazione giudiziaria.
Gli interventi saranno coordinati con la spending review in corso, che intendo rafforzare e rendere particolarmente incisiva con la precisa individuazione di tempi e responsabilità. Negli scorsi anni la normativa previdenziale è stata oggetto di ripetuti interventi, che hanno reso a regime il sistema pensionistico italiano tra i più sostenibili in Europa e tra i più capaci di assorbire eventuali shock negativi. Già adesso l'età di pensionamento, nel caso di vecchiaia, tenendo conto delle cosiddette finestre, è superiore a quella dei lavoratori tedeschi e francesi.
Il nostro sistema pensionistico rimane però caratterizzato da ampie disparità di trattamento tra diverse generazioni e categorie di lavoratori, nonché da aree ingiustificate di privilegio.
Il rispetto delle regole e delle istituzioni e la lotta all'illegalità riceveranno attenzione prioritaria da questo Governo. Per riacquistare fiducia nel futuro dobbiamo avere fiducia nelle istituzioni che caratterizzano uno Stato di diritto, quindi si procederà alla lotta all'evasione fiscale e all'illegalità, non solo per aumentare il gettito (il che non guasta), ma anche per abbattere le aliquote: questo può essere fatto con efficacia prestando particolare attenzione al monitoraggio della ricchezza accumulata (ho detto monitoraggio della ricchezza accumulata) e non solo ai redditi prodotti.
L'evasione fiscale continua a essere un fenomeno rilevante: il valore aggiunto sommerso è quantificato nelle statistiche ufficiali in quasi un quinto del prodotto. Interventi incisivi in questo campo possono ridurre il peso dell'aggiustamento sui contribuenti che rispettano le norme. Occorre ulteriormente abbassare la soglia per l'uso del contante, favorire un maggior uso della moneta elettronica, accelerare la condivisione delle informazioni tra le diverse amministrazioni, potenziare e rendere operativi gli strumenti di misurazione induttiva del reddito e migliorare la qualità degli accertamenti.
Il decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 prevede per il 2014 l'entrata in vigore dell'imposta municipale che assorbirà l'attuale ICI, escludendo tuttavia la prima casa e l'IRPEF sui redditi fondiari da immobili non locati, comprese le relative addizionali. In questa cornice intendiamo riesaminare il peso del prelievo sulla ricchezza immobiliare: tra i principali Paesi europei, l'Italia è caratterizzata da un'imposizione sulla proprietà immobiliare che risulta al confronto particolarmente bassa. L'esenzione dall'ICI delle abitazioni principali costituisce, sempre nel confronto internazionale, una peculiarità - se non vogliamo chiamarla anomalia - del nostro ordinamento tributario.
Il primo elenco di cespiti immobiliari da avviare a dismissione sarà definito nei tempi previsti dalla legge di stabilità, cioè entro il 30 aprile 2012. La lettera d'intenti inviata alla Commissione europea prevede proventi di almeno 5 miliardi all'anno nel prossimo triennio. A tale scopo verrà definito un calendario puntuale per i successivi passi del piano di dismissioni e di valorizzazione del patrimonio pubblico. Tuttavia, è necessario volgere tutte le politiche pubbliche, a livello macroeconomico e microeconomico, a sostegno della crescita, sia pure nei limiti determinati dal vincolo di bilancio.
La pressione fiscale in Italia è elevata nel confronto storico e in quello internazionale (nel testo scritto che avrete a disposizione si danno ulteriori elementi). Nel tempo e via via che si manifesteranno gli effetti della spending review sarà possibile programmare una graduale riduzione della pressione fiscale; tuttavia anche prima, a parità di gettito, la composizione del prelievo fiscale può essere modificata in modo da renderla più favorevole alla crescita. Coerentemente con il disegno della delega fiscale e della clausola di salvaguardia che la accompagna, una riduzione del peso delle imposte e dei contributi che gravano sul lavoro e sull'attività produttiva, finanziata da un aumento del prelievo sui consumi e sulla proprietà, sosterrebbe la crescita senza incidere sul bilancio pubblico.
Dal lato della spesa, un impulso all'attività economica potrà derivare da un aumento del coinvolgimento dei capitali privati nella realizzazione di infrastrutture. Gli incentivi fiscali stabiliti con legge di stabilità sono un primo passo, ma è anche necessario intervenire sulla regolamentazione del project financing, in modo da ridurre il rischio associato alle procedure amministrative. Occorre inoltre operare per raggiungere gli obiettivi fissati in sede europea con l'agenda digitale. Ho quasi concluso.
Con il consenso delle parti sociali dovranno essere riformate le istituzioni del mercato del lavoro, per allontanarci da un mercato duale dove alcuni sono fin troppo tutelati mentre altri sono totalmente privi di tutele e assicurazioni in caso di disoccupazione.
Le riforme in questo campo dovranno avere il duplice scopo di rendere più equo il nostro sistema di tutela del lavoro e di sicurezza sociale e anche di facilitare la crescita della produttività, tenendo conto dell'eterogeneità che contraddistingue in particolare l'economia italiana. In ogni caso, il nuovo ordinamento che andrà disegnato verrà applicato ai nuovi rapporti di lavoro per offrire loro una disciplina veramente universale, mentre non verranno modificati i rapporti di lavori regolari e stabili in essere.
Intendiamo perseguire lo spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro, come ci viene chiesto dalle autorità europee e come già le parti sociali hanno iniziato a fare, che va accompagnato da una disciplina coerente del sostegno alle persone senza impiego volta a facilitare la mobilità e il reinserimento nel mercato del lavoro, superando l'attuale segmentazione. Più mobilità tra impresa e settori è condizione essenziale per assecondare la trasformazione dell'economia italiana e sospingerne la crescita.
È necessario colmare il fossato che si è creato tra le garanzie e i vantaggi offerti dal ricorso ai contratti a termine e ai contratti a tempo indeterminato, superando i rischi e le incertezze che scoraggiano le imprese a ricorrere a questi ultimi. Tenendo conto dei vincoli di bilancio occorre avviare una riforma sistematica degli ammortizzatori sociali, volta a garantire a ogni lavoratore che non sarà privo di copertura rispetto ai rischi di perdita temporanea del posto di lavoro. Abbiamo da affrontare una crisi, abbiamo da affrontare delle trasformazioni strutturali, ma è nostro dovere cercare di evitare le angosce che accompagnano questi processi.
È necessario, infine, mantenere una pressione costante nell'azione di contrasto e di prevenzione del lavoro sommerso. Uno dei fattori che distinguono l'Italia nel contesto europeo è la maggiore difficoltà di inserimento o di permanenza in condizioni di occupazione delle donne. Assicurare la piena inclusione delle donne in ogni ambito della vita lavorativa ma anche sociale e civile del Paese è una questione indifferibile.
È necessario affrontare le questioni che riguardano la conciliazione della vita familiare con il lavoro, la promozione della natalità e la condivisione delle responsabilità legate alla maternità da parte di entrambi i genitori, nonché studiare l'opportunità di una tassazione preferenziale per le donne.
C'è poi un problema legato all'invecchiamento della popolazione che si traduce in oneri crescenti per le famiglie; andrà quindi prestata attenzioni ai servizi di cura agli anziani, oggi una preoccupazione sempre più urgente nelle famiglie in un momento in cui affrontano difficoltà crescenti.
Infine un'attenzione particolare andrà assicurata alle prospettive per i giovani; dico "infine" nel senso di finalità di tutta la nostra azione. Questa sarà una delle priorità di azione di questo Governo, nella convinzione che ciò che restringe le opportunità per i giovani si traduce poi in minori opportunità di crescita e di mobilità sociale per l'intero Paese. Dobbiamo porci l'obiettivo di eliminare tutti quei vincoli che oggi impediscono ai giovani di strutturare le proprie potenzialità in base al merito individuale indipendentemente dalla situazione sociale di partenza. Per questo ritengo importante inserire nell'azione di Governo misure che valorizzino le capacità individuali e eliminino ogni forma di cooptazione. L'Italia ha bisogno di investire sui suoi talenti; deve essere lei orgogliosa dei suoi talenti e non trasformarsi in un'entità di cui i suoi talenti non sempre sono orgogliosi. Per questo la mobilità è la nostra migliore alleata, mobilità sociale ma anche geografica, non solo all'interno del nostro Paese ma anche e soprattutto nel più ampio orizzonte del mercato del lavoro europeo e globale.
L'ultimo punto che desidero brevemente presentarvi - ed è una caratteristica spero distintiva del nostro Esecutivo, se consentirete al nostro, o vostro, Governo di nascere, è quella delle politiche micro-economiche per la crescita.
Un ritorno credibile a più alti tassi di crescita deve basarsi su misure volte a innalzare il capitale umano e fisico e la produttività dei fattori. La valorizzazione del capitale umano deve essere un aspetto centrale: sarà necessario mirare all'accrescimento dei livelli d'istruzione della forza lavoro, che sono ancora oggi nettamente inferiori alla media europea, anche tra i più giovani. Vi contribuiranno interventi mirati sulle scuole e sulle aree in ritardo, identificando i fabbisogni, anche mediante i test elaborati dall'INVALSI, e la revisione del sistema di selezione, allocazione e valorizzazione degli insegnanti. Nell'università, varati i decreti attuativi della legge di riforma approvata lo scorso anno, è ora necessario dare rapida e rigorosa attuazione ai meccanismi d'incentivazione basati sulla valutazione, previsti dalla riforma. Gli investimenti in infrastrutture, di cui tante volte e giustamente abbiamo parlato e si è parlato negli corso degli anni, sono fattori rilevanti per accrescere la produttività totale dell'economia.
A questo scopo, abbiamo per la prima volta valorizzato in modo organico nella struttura del Governo la politica, anzi, le politiche di sviluppo dell'economia reale, con l'attribuzione ad un unico Ministro delle competenze sullo sviluppo economico e sulle infrastrutture ed i trasporti. Questo vuole indicare quasi visivamente e in termini di organigramma del Governo che pari attenzione e centralità vanno attribuite a ciò che mantiene il Paese stabile, la disciplina finanziaria, e a ciò che ad esso consente di crescere e, quindi, di restare stabile a lungo termine, cioè appunto la crescita.
Occorre anche rimuovere gli ostacoli strutturali alla crescita, affrontando resistenze e chiusure corporative. In tal senso, è necessario un disegno organico, volto a ridurre gli oneri ed il rischio associato alle procedure amministrative, nonché a stimolare la concorrenza, con particolare riferimento al riordino della disciplina delle professioni regolamentate, anche dando attuazione a quanto previsto nella legge di stabilità in materia di tariffe minime.
Intendiamo anche rafforzare gli strumenti d'intervento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in caso di disposizioni legislative o amministrative, statali o locali, che abbiano effetti distorsivi della concorrenza, accrescere la qualità dei servizi pubblici, nel quadro di un'azione volta a ridurre il deficit di concorrenza a livello locale, ridurre i tempi della giustizia civile, in modo tale da colmare il divario con gli altri Paesi, anche attraverso la riduzione delle sedi giudiziarie, e rimuovere gli ostacoli alla crescita delle dimensioni delle imprese, anche attraverso la delega fiscale.
Un innalzamento significativo del tasso di crescita è condizione essenziale non solo del riequilibrio finanziario, ma anche del progresso civile e sociale. In tal senso, una strategia di rilancio della crescita non può prescindere da un'azione determinata ed efficace di contrasto alla criminalità organizzata e a tutte le mafie, che vada a colpire gli interessi economici delle organizzazioni e le loro infiltrazioni nell'economia legale.
Il risanamento della finanza pubblica ed il rilancio della crescita contribuiranno a rafforzare la posizione dell'Italia in Europa e, più in generale, la nostra politica estera: vocazione europeistica, solidarietà atlantica, rapporti con i nostri partners strategici, apertura dei mercati, sicurezza nazionale ed internazionale rimarranno i cardini di tale politica. Voglio qui ricordare i nostri militari impegnati in missioni all'estero, le Forze Armate ed i rappresentanti delle forze dell'ordine, che sono in prima linea nella difesa dei nostri valori e della democrazia.
L'Italia ha bisogno di una politica estera coerente con i nostri impegni e di una ripresa d'iniziativa nelle aree dove vi siano significativi interessi nazionali.
Dimenticavo di dirvi, a proposito di militari impegnati in missioni all'estero, che se non vedete ancora in questi banchi il nostro collega Ministro della difesa, è perché l'altra sera l'ho svegliato alle tre di notte in Afghanistan, pensando che fosse a Bruxelles dove si trova la sua sede ordinaria di lavoro. Ho notato prima una certa esitazione e poi grande entusiasmo nell'accettazione della proposta. Ecco un esempio di militare impegnato all'estero che sta facendo i salti mortali per arrivare a giurare nelle mani del Capo dello Stato nelle prossime ore. Scusate quindi la sua assenza.
La gravità della situazione attuale richiede una risposta pronta e decisa nella creazione di condizioni favorevoli alla crescita nel perseguimento del pareggio di bilancio, con interventi strutturali e con un'equa distribuzione dei sacrifici.
Il tentativo che ci proponiamo di compiere, onorevoli senatori, e che vi chiedo di sostenere è difficilissimo; altrimenti ho il sospetto che non mi troverei qui oggi. I margini di successo sono tanto più ridotti, come ha rilevato il Presidente della Repubblica, dopo anni di contrapposizione e di scontri nella politica nazionale. Se sapremo cogliere insieme questa opportunità per avviare un confronto costruttivo su scelte e obiettivi di fondo avremo occasione di riscattare il Paese e potremo ristabilire la fiducia nelle sue istituzioni.
Vi ringrazio.

mercoledì 16 novembre 2011

IL NUOVO GOVERNO Manager, cooperanti e professori i ministri del governo Monti.

Ecco la squadra nominata dal presidente del Consiglio, Mario Monti. Si tratta di 17 tecnici. Tra i ministri tre donne.


Ministri con portafoglio

Mario Monti delega ad interim all'Economia e alle Finanze

Corrado Passera, ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture

Nato a Como il 30 dicembre 1954. È stato il più politico dei banchieri. Laurea alla Bocconi e master in Business Administration alla Wharton School di Philadelphia (USA), Corrado Passera nel 1980 entra in McKinsey dove rimane per cinque anni. Successivamente intraprende una lunga collaborazione con il gruppo di Carlo De Benedetti che lo vede inizialmente impegnato in Cir, la holding del Gruppo, dove ricopre la carica di Direttore Generale fino al 1990. Nel 1991 diventa direttore generale di Arnoldo Mondadori Editore e, a seguire, del Gruppo Editoriale L'Espresso. Nel 2006 Corrado Passera è tra gli artefici del processo che porterà all'integrazione tra Banca Intesa e Sanpaolo IMI dando vita a Intesa Sanpaolo.

Giampaolo Di Paola, ministro della Difesa

Nato a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, il 15 agosto 1944. Entrato all'Accademia navale nel 1963 e nominato guardiamarina nel 1966, è stato promosso successivamente ai seguenti gradi: sottotenente di vascello l'11 novembre 1967, tenente di vascello il 31 luglio 1971, capitano di corvetta il 1 gennaio 1976, capitano di fregata il 1 gennaio 1980, capitano di vascello il 31 dicembre 1986, contrammiraglio il 31 dicembre 1993, ammiraglio di divisione il 31 dicembre 1997 ed è stato promosso ammiraglio di squadra il 1° gennaio 1999. Dopo la specializzazione presso la Scuola sommergibili, dal 1968 al 1974 ha prestato servizio con vari incarichi a bordo dei sommergibili convenzionali "Gazzana" e "Piomata". Comandante del sommergibile "Cappellini" nel 1974-75 e del sommergibile "Sauro" nel 1980-81 è stato anche comandante della fregata "Grecale" nel 1984-85; dopo la promozione a capitano di vascello ha prestato servizio come comandante a bordo dell'incrociatore portaeromobili "G. Garibaldi" nel 1989-90.

Anna Maria Cancellieri, ministro dell'Interno

Romana, 67 anni, Cancellieri ha conquistato sul campo il soprannome di 'lady di ferro' come commissario straordinario al Comune di Parma, dove è stata chiamata a sostituirsi all'amministrazione guidata dal sindaco Vignali. Un percorso simile a quello che ha compiuto per oltre un anno a Bologna, dopo lo scandalo del 'Cinziagate' che coinvolse il sindaco Delbono. "Abbiate fiducia e fatevi sentire", fu il suo primo appello ai cittadini delle Due Torri. In pensione dal 2009, il neoministro dell'Interno ha iniziato a lavorare a soli 19 anni presso la Presidenza del Consiglio. Laureata in Scienze Politiche all'università 'Sapienza' di Roma, ha iniziato la sua carriera direttiva a Milano e nel 1993 è stata nominata prefetto, carica che ha ricoperto a Vicenza, Bergamo, Brescia, Catania e Genova.

Paola Severino, ministro della Giustizia

Nata a Napoli nel 1948. È uno dei più noti avvocati italiani ed attuale vice rettore dell'Università Luiss 'Guido Carli' di Roma. Laureata in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, Paola Severino dal 30 luglio 1997 al 30 luglio 2001 ha svolto l'incarico di di Vicepresidente del Consiglio della Magistratura Militare. Dal 1 maggio 2003 al 29 maggio 2006 è stata Preside della Facoltà di Giurisprudenza della Luiss "Guido Carli" di Roma, dal 29 maggio 2006 è Vice Rettore presso lo stesso ateneo. Penalista, è iscritta all'albo degli Avvocati di Roma dal 1975 ed è consulente di società, banche ed associazioni di categoria. Paola Severino è stata relatrice in diversi convegni ed incontri scientifici sui temi del Diritto penale e del Diritto penale commerciale, oltre che componente di varie Commissioni ministeriali per la riforma della legislazione penale e processuale penale.

Giulio Terzi, ministro degli Esteri

Nato a Bergamo il 9 giugno 1946. Attuale ambasciatore d'Italia a Washington dove si era insediato nel 2009. Bergamasco, classe 1946, Terzi si è laureato in giurisprudenza a Milano con specializzazione in diritto internazionale. Entrato in carriera diplomatica nel 1973, tra gli incarichi ricoperti all'estero di particolare rilievo, Terzi è stato ambasciatore d'Italia in Israele tra il 2002 e il 2004 ed è noto, fra l'altro, per essere stato l'uomo che gettò le basi per la storica visita di fini nello Stato ebraico nel novembre 2003. L'ultimo incarico dell'ambasciatore Terzi prima dell'ambasciata a Washington era stato quello di rappresentante permanente d'Italia all'Onu a New York, dove guidò la delegazione italiana al Consiglio di sicurezza per poco più di un anno (20 agosto 2008-30 settembre 2009), nell'ultimo periodo del biennio italiano come membro non permanente (2007-2008). Prima ancora, il diplomatico aveva ricoperto il delicato incarico di direttore politico alla Farnesina, occupandosi soprattutto di sicurezza internazionale e di organismi multilaterali (Onu, Consiglio europeo, Nato, G8 e Osce).

Elsa Foriero, ministro del Welfare con delega alle Pari Opportunità

È considerata soprattutto una grande esperta di lavoro. Nata a San Carlo Canavese, Torino, nel 1948, è professore Ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia, Università di Torino e vicepresidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa SanPaolo. È Coordinatore Scientifico del CeRP (Center for Research on Pensions and Welfare Policies, Collegio Carlo Alberto), vice presidente della Compagnia di San Paolo, membro del Collegio Docenti del Dottorato in Scienze Economiche dell'Università di Torino e del dottorato in Social Protection Policy presso la Maastricht Graduate School of Governance (Università di Maastricht), in cui è anche docente. È anche componente del Nucleo di valutazione della Spesa Previdenziale, costituito presso il Ministero del Welfare, membro del comitato editoriale della Rivista Italiana degli Economisti, editorialista de Il Sole 24 Ore e membro del CdA di Buzzi Unicem.

Francesco Profumo, ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca

Francesco Profumo, 58 anni, nato a Savona, lascerà la presidenza del Consiglio nazionale delle Ricerche assunta il 13 agosto scorso. Già rettore del Politecnico di Torino dal 2005 al 2011, nella scorsa primavera è stato candidato alle primarie del Pd come candidato a sindaco di Torino. Nato a Savona nel 1953. Nel 1977 si è laureato in ingegneria elettrotecnica presso il Politecnico di Torino. Dal 1978 al 1984, ha lavorato come ingegnere progettista per il Centro Ricerca e Sviluppo della Società Ansaldo a Genova. Nel 1984 si è trasferito al Dipartimento di Ingegneria Elettrotecnica del Politecnico di Torino, dove è stato Professore Associato fino al 1995. Nel settembre 2003, Profumo diventa Preside della facoltà di Ingegneria e nell'ottobre del 2005 ricopre l'incarico di Rettore del Politecnico di Torino.

Lorenzo Ornaghi, ministro per i Beni culturali

Dal 2002 guida la Cattolica di Milano ed è ora al suo terzo mandato. Lombardo, classe 1948 a Villasanta, provincia di Monza-Brianza, si è laureato in Scienze politiche nel '72 all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove ha lavorato fino all'87 come ricercatore. Nello stesso periodo è divenuto poi professore associato presso l'Università di Teramo. Nel 1990, però, è tornato alla Cattolica di Milano ricoprendo il ruolo di titolare della cattedra di Scienza politica nella facoltà di Scienze politiche e di Storia delle dottrine politiche. Negli ultimi anni Ornaghi ha scritto molti volumi e saggi su riviste italiane e internazionali approfondendo il sistema politico e le èlite dell'Italia, oltre che l'integrazione politico-istituzionale dell'Europa e la Costituzione europea. Nel 2006 il rettore ha ricevuto l'Ambrogino d'oro dal Comune di Milano.

Renato Balduzzi, ministro per la Salute

Nato a Voghera il 12 febbraio 1955, sposato con tre figli e attuale direttore dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Balduzzi succede a Ferruccio Fazio. Dopo aver conseguito nel marzo 1979 la laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Genova discutendo con il professor Lorenzo Acquarone una tesi sul tema "Il controllo della Corte dei conti sui decreti-legge e sui decreti delegati", massimo dei voti e dignità di stampa, ha compiuto, sotto la guida del professor Federico Sorrentino, studi di diritto costituzionale europeo presso la Commissione della Comunità economica europea (1981-1982) e l'Istituto universitario europeo e di diritto costituzionale comparato presso l'Università di Paris X - Nanterre (1985-1986), sotto la guida del professor Michel Troper. Nell'Università del Piemonte Orientale 'A. Avogadro' è, dal 2008, coordinatore del dottorato di ricerca su Autonomie locali, servizi pubblici e diritti di cittadinanza e, dal 2007, direttore del Centro di eccellenza interfacoltà di servizi per il management sanitario.

Mario Catania, ministro delle Politiche Agricole e forestali

Dal novembre 2009 è capo Dipartimento delle politiche europee e internazionali del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Sale quindi alla guida del ministero un tecnico, al Mipaaf dal 1978. È nato a Roma nel 1952. Catania ha avuto competenze, in qualità di capo dipartimento, in materia di politiche di mercato nel settore agricolo e agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura e ha curato i rapporti con l'Unione europea nella fase di formazione e di attuazione della normativa comunitaria del Consiglio, del Parlamento e della Commissione.

Corrado Clini, ministro dell'Ambiente

Nato a Milano nel 1937. Sessantaquattro anni, di Latina, Corrado Clini arriva da direttore generale per lo Sviluppo sostenibile, il clima e l'energia dello stesso dicastero. Clini è stato responsabile del Fondo rotativo del protocollo di Kyoto in Italia e sono note da tempo le sue posizioni critiche sul protocollo: è invece a favore di una nuova economia globale basata sulla diffusione e lo sviluppo di tecnologie a basso contenuto di carbonio nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo. Laureato in medicina e chirurgia all'Università di Parma, Clini è stato Chairman della Global bioenergy partnership, Chairman della European environment and health committee, membro dei comitati di governance internazionali Cciced (Cina) e dell'assemblea generale del Regional environment center (Rec) di Budapest; ricercatore alle Università di Harvard e Tshingua; presidente della commissione tecnica Cipe per la riduzione delle emissioni. È stato vicecommissario dell'Enea e vicepresidente del'agenzia europea dell'ambiente.Lo scorso agosto era stato nominato dall'ex ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini presidente del Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste.

Antonio Catricalà sottosegretario della Presidenza del Consiglio

Torna a Palazzo Chigi dove è già stato segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sposato, due figlie, Catricalà è stato fino ad oggi Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ruolo ricoperto dal 9 marzo 2005. Il suo incarico all'Antitrust sarebbe terminato a marzo 2012, momento in cui, secondo le sue stesse parole, avrebbe puntato a "rindossare la toga", tornando quindi alla sua lunga carriera di magistrato e giurista. Nato a Catanzaro il 7 febbraio 1952, a ventidue anni si è laureato con lode in legge a Roma ed è stato nominato, a seguito di concorso, assistente di Pietro Rescigno (La Sapienza - Facoltà di Giurisprudenza), di cui era stato studente. Per due anni ha studiato economia, sociologia, storia e scienza dell'amministrazione presso l'Istituto Luigi Sturzo di Roma, dove è stato allievo di Federico Caffè. A ventiquattro anni ha vinto il concorso in magistratura ordinaria e ha superato l'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense. Ha vinto i concorsi per procuratore dello Stato e, a ventisette anni, per avvocato dello Stato. Dal 2006 è Presidente di sezione del Consiglio di Stato in posizione di fuori ruolo. Presidente e componente di collegi amministrativi, ha collaborato con l'Ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è stato Capo di Gabinetto e consigliere giuridico nei Ministeri. È stato segretario generale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Ministri senza portafoglio

Enzo Moavero Milanesi - Affari Europei

È giudice presso la Corte europea di Giustizia di Lussemburgo. Avvocato romano, 57 anni, specializzato in antitrust, è stato fino al 2006 direttore generale del 'Bureau of European Policy Advisors' della Commissione europea. Vice segretario generale dell'esecutivo Ue dal 2002 al 2005, era stato in precedenza direttore del Servizio Antitrust (2000-2001), e capo di gabinetto dell'allora commissario Ue alla Concorrenza Mario Monti (1999-2000) e con lo stesso incarico aveva affiancato il neo premier anche quando era alla guida del Mercato Interno (1995-1999). Dopo la laurea in legge alla Sapienza nel 1977, e un tirocinio in uno studio legale di diritto internazionale, Moavero nel 1982 si è specializzatoi al noto College of Europe di Bruges. Un anno dopo, ecco un altro titolo di specializzazione in diritto internazionale presso la University of Texas, a Dallas. Fra 1992 e 1994 rientra spesso a Roma come consigliere dei governi Amato e Ciampi.

Piero Gnudi - Turismo e Sport

È nato a Bologna il 17 maggio 1938. Dottore commercialista iscritto all'Ordine di Bologna dal 1964 ed al Registro dei Revisori Contabili dalla sua istituzione nel 1995 è fondatore dello Studio Gnudi. Consigliere di Amministrazione di Unicredit, è membro del Consiglio Generale e della Giunta direttiva di Assonime, del Comitato Esecutivo e del Consiglio Generale dell'Aspen Istitute, del Comitato Direttivo del Consiglio per le Relazioni tra Italia e Stati Uniti. È stato presidente, membro del Consiglio di amministrazione, e Sindaco di importanti Società a cominciare da Enel (di cui è stato presidente), all'Iri, di cui è stato presidente e ad. E' stato inoltre presidente di Rai Holding, presidente Locat, presidente Astaldi.

Fabrizio Barca - Coesione territoriale

Nato a Roma nel 1952, laurea in Scienze statistiche e demografiche (indirizzo economico) all'Università di Roma; master of Philosophy in Economia all'Università di Cambridge e visiting professor presso le Università Mit e Stanford, Barca vanta un curriculum di studi internazionale. Ha insegnato nelle Università di Siena, Bocconi, Roma 'Tor Vergata', Modena, Urbino. È capo del dipartimento delle Politiche di Sviluppo del ministero dell'Economia e delle Finanze. Il neoministro può vantare anche una conoscenza specifica, rispetto all'incarico che andrà a ricoprire. Infatti a partire dal 1998 ha contribuito, al ministero del Tesoro, agli studi sullo sviluppo economico italiano e alla rifondazione delle politiche territoriali di sviluppo, studi che prima aveva condotto presso la Banca d'Italia come direttore di Area. La sua esperienza sul territorio è proseguita anche in seguito, quando nel 1999 è stato nominato presidente del comitato per le Politiche territoriali dell' Ocse. Barca ha inoltre scritto numerosi saggi e volumi sull'impresa, sul governo societario, sul capitalismo italiano.

Piero Giarda - Rapporti con il Parlamento

Nato a Milano nel 36. Laureato in economia e commercio nell'Università Cattolica di Milano nel 1962, ha studiato nelle Università di Princeton e Harvard nel periodo 1965-69. È responsabile del Laboratorio di Analisi Monetaria dell'Università Cattolica. Componente del Comitato direttivo della scuola per il dottarato in Economia e finanza delle amminsitrazioni pubbliche. Ha svolto attività di consulenza alla Presidenza del Consiglio e al Ministero delle Finanze. È stato Presidente della Commissione Tecnica per la Spesa pubblica presso il Ministero del Tesoro dal 1986 al 1995. È stato Sottosegretario di Stato al Ministero del Tesoro dal 1995 al 2001. Libero docente di Scienza delle finanze e diritto finanziario nel 1970. Ha insegnato all'Università Cattolica dal 1968 fino al 1976 in qualità di professore incaricato; dal 1976 al 2001 in qualità di professore ordinario di Scienza delle finanze. Ha insegnato anche alla Università degli Studi della Calabria dal 1972 al 1975 e all'Università di Harvard nel 1970.

Andrea Riccardi - Cooperazione internazionale

Nato a Roma il 16 gennaio del 1950, è ordinario di Storia contemporanea all'Università degli Studi Roma Tre, noto come studioso della Chiesa in età moderna e contemporanea. Al di là del suo impegno accademico, Riccardi è conosciuto come fondatore della Comunità di Sant'Egidio: il 7 febbraio del 1968, ancora studente, Riccardi si riunì per la prima volta con un gruppo di liceali, nell'Oratorio della Chiesa Nuova, il santuario di san Filippo Neri. Da quel primo incontro nascerà appunto la Comunità di Sant'Egidio che nel settembre 1973 stabilì il proprio centro in Piazza Sant'Egidio, a Roma, in un ex convento di monache carmelitane. Con la Comunità Riccardi ha concretizzato un forte impegno per la pace che lo ha visto nel ruolo di mediatore in diversi conflitti e ha contribuito al raggiungimento della pace in alcuni Paesi, tra cui il Mozambico, il Guatemala, la Costa d'Avorio