giovedì 21 agosto 2008

Case di appuntamento? Si

Navigando in internet e curiosando tra le pagine della cronaca mi imbatto su un articolo: Io, studentessa e prostituta. Sonia Rossi, un’italiana di 25 anni con il suo libro choc rivela la sua doppia vita: di giorno universitaria e lucciola di notte. Per mantenersi agli studi e soprattutto per non dover rinunciare a nulla. Sonia è l’atra faccia della prostituzione mercenaria. Sonia, residente in Germania, nel suo libro racconta la sua storia di studentessa e prostituta part-time. Mamma e papà non le avevano mai fatto mancare nulla e adesso Sonia di fare sacrifici proprio non ne voleva sapere: “Odiavo essere perennemente al verde - spiega ad un popolare quotidiano tedesco. Da bambina non mi mancava niente, non sono abituata a risparmiare e col lavoro da cameriera non sarei mai riuscita a mantenere una certa qualità della vita”. E così dice Sonia ho pensato di bussare alle porte di uno dei tanti bordelli perfettamente legali della città. Per tre anni ha vissuto i panni dell’universitaria di giorno e della prostituta di notte. Ora le sue avventure sono finite in un libro dal titolo eloquente: “Fucking Berlin”. La via della prostituzione, imboccata in modo del tutto autonomo - ci tiene a sottolineare Sonia - è arrivata prima attraverso un lavoro come spogliarellista on line, poi come massaggiatrice in un centro di estetica ed infine la casa di tolleranza della città. Oggi Sonia ha un figlio di due anni e nessun pentimento. Se dovesse tornare indietro rifarebbe esattamente la stessa cosa: “Questo è un lavoro molto lucrativo per qualsiasi donna capace di superare le proprie inibizioni”, ha detto. Un lavoro con cui riuscivo a guadagnare fino 200 euro a notte.
Questo articolo mi ha fatto riflettere su un argomento delicato come la prostituzione e la sua questione morale e, per cercare di dare un orientamento al mio pensiero ho avuto bisogno di leggere e approfondire l’argomento da molti punti di vista.
Innanzitutto, con il termine prostituzione si indica l’attività di chi offre servizi sessuali, dietro pagamento di un corrispettivo in denaro. L'attività, fornita da persone di qualsiasi orientamento sessuale, può avere carattere autonomo, professionale, abituale o saltuario.
Una casa di tolleranza - anche detta comunemente bordello, casino, casa chiusa, postribolo o lupanare - è un immobile, solitamente un'abitazione, in cui si esercita la prostituzione.
L’uso del termine prostituzione non è univoco e a seconda del Paese, del periodo storico o del contesto socio-culturale può includere qualsiasi atto sessuale e qualsiasi tipo di compenso, anche non in denaro o indicare, moralisticamente ed erroneamente, coloro che intrattengono atti sessuali fuori dal matrimonio o uno stile di vita simile a coloro che offrono le prestazioni o chi intrattiene atti sessuali disapprovati. Può indicare anche un comportamento zelante più del dovuto nei confronti di un superiore, finalizzato all’ottenimento di gratifiche lavorative o economiche.
La parola “prostituzione” deriva dal verbo latino prostituĕre pro “davanti” e statuere “porre” e indica la situazione della persona, in genere schiava, che non “sì” prostituisce, ma che come una merce “viene posta in vendita” davanti alla bottega del suo padrone. Questa origine richiama quindi la condizione storicamente più abituale della prostituta, la quale non esercita autonomamente la sua professione, ma vi è in qualche modo indotta da soggetti che ne sfruttano il lavoro traendone un proprio guadagno, i così detti “protettori”.
La prostituzione esercitata per libidine o a fini di lucro trova una sua originale distinzione in Niccolò Tommaseo, il quale fissò una distinzione fra le due “esigenze”. Definendo meretrice, dal latino mereo, colei che guadagna del suo corpo e prostituta, dal latino prostat, colei che per guadagno o per libidine, si mette in mostra e provoca a sozzure. Secondo Tommaseo la prostituta è più comune. Taide meretrice, Messalina prostituta. Ogni abbracciamento venale è meretricio, prostituzione non è. Le meretrici di caro prezzo non sono prostitute; le prostitute da’ genitori o dai mariti, che nulla guadagnan per sè non meritano l’altro nome cioè meretrici.
A rafforzare la distinzione fra prostituta e meretrice il Tommaseo richiama una evidenza storica: Le prostitute nei templi pagani per atto di devozione, meretrici non erano e si credevano far opera meritoria.
Storicamente la professione della prostituzione è stata spesso demonizzata dalle forze politiche e religiose, quando di fatto però tale pratica veniva tollerata nella consapevolezza del ruolo che rivestiva nel contesto sociale. In alcune civiltà antiche, come quella greca e romana, la prostituzione sacra era un’attività considerata degna di grande rispetto e considerazione sociale, e veniva svolta nel tempio del dio o della dea, a cui in genere erano devoluti i proventi derivanti dalle offerte.
Le prostitute, nelle maggiori città così come negli umili paesi d’Europa e del mondo, hanno sempre costituito una rilevante presenza nella popolazione. Queste donne, di cultura, estrazione sociale, lignaggio e maniere più o meno nobili, hanno intrattenuto nel tempo nobili, religiosi, imprenditori, e governanti in eleganti salotti dai lussuosi arredi, così come soldati e popolo di bassa manovalanza in bettole sudice lontane dalla gente per bene.
Inizialmente, nel Medioevo, nessuno si preoccupava dell’esistenza di questi ambienti: in Italia, solo nel XIV secolo i governanti e le autorità religiose imposero una licenza per gestire le case di tolleranza.
La prostituzione può essere classificata in ampi gruppi, ognuno con le proprie specificità e modalità di esercizio, a seconda del genere o orientamento sessuale di chi offre il servizio o a seconda del servizio offerto. Si hanno dunque la prostituzione femminile, la prostituzione maschile e la prostituzione transessuale.
A questi macrogruppi va aggiunto il fenomeno della prostituzione minorile, quello della prostituzione virtuale voyeuristica ed offerta via internet con le telecamere e quello degli assistenti sessuali, servizio di natura sessuale rivolto ai disabili che prevede un compenso pecuniario.
Le modalità di esercizio della prostituzione, che subisce sovente un forte ostracismo sociale ed in molti Paesi è illegale, sono ampie e variegate. Nell’Italia contemporanea fù la senatrice Lina Merlin la promotrice della legge, che porta il suo nome, con cui si decise la chiusura delle case di tolleranza. In Italia è molto comune la prostituzione di strada con l’esercitante che offre i suoi servizi sulla strada, o camminando o attendendo, generalmente abbigliate con vestiti appariscenti. La prestazione sessuale è sovente consumata in auto o in stanze in affitto in hotel.
Generalmente l’offerta di prostituzione di strada si concentra in ben determinate vie ad alta percorrenza o in quartieri periferici. In alcuni Stati vi sono zone dedicate all’esercizio della prostituzione, i cosiddetti quartieri a luci rosse.
La prostituzione, in alcuni paesi è esercitata in luoghi deputati, chiamati bordelli, oppure gli esercitanti organizzano case di appuntamento. In Italia, dove sono illegali bordelli e case di appuntamento, sono stati denunciati numerosi sex club che ne facevano le veci.
Un'altra modalità di esercizio della prostituzione è quella di accompagnatori ed accompagnatrici o escort, che si offrono con le più disparate modalità, anche se non tutte le agenzie di accompagnatori offrono servizi sessuali al cliente. Strettamente legato alla prostituzione è il suo sfruttamento, o lenocinio, praticato per trarre profitto dall’attività della donna, da parte di persone che generalmente si presentano come protettori. Inoltre vi sono altre figure legate al fenomeno della prostituzione per cui può configurarsi, al posto dello sfruttamento vero e proprio, il reato di favoreggiamento.
Nel mondo il fenomeno della prostituzione è regolamentata giuridicamente in modo ampio e variegato, dalla pena di morte alla legalizzazione completa.
Ritornando al fenomeno della prostituzione in Italia che viene esercitata nelle vie delle città, che spesso sentiamo dell’esasperazione dei cittadini residenti nelle zone ad alta offerta sessuale o sentiamo di prostitute aggredite in zone di periferia dove nessuno sarebbe sicuro o ancora sentiamo di sfruttatori e mafie organizzate dedite allo sfruttamento e alla vera e propria tratta delle schiave che non si fermano davanti a niente e a nessuno pur di trarne lauto guadagno o infine di bambine di stati poveri che vengono attratte della sirene di una vita migliore e del giusto legale guadagno divenire vittime di tale carneficina bestiale.
Poi leggo che nella liberissima e democratica Germania le case di tolleranza sono legalmente riconosciute e quello che è il mestiere più antico del mondo viene legalizzato e trattato come gli altri e questi lavoratori uomini e donne concorrono anche ad arricchire il prodotto interno lordo dello Stato tedesco lavorando in assoluta sicurezza psico-fisica. E in altri stati ancora accade la stessa cosa.
Che in Italia questa scelta di chiudere la case di appuntamento sia stata una scelta morale è un dato di fatto, ma quando la moralità produce sfruttamento e tratta di esseri umani penso che essa debba essere messa in dubbio nella sua efficacia. Non è solo il contesto sociale e di pubblica sicurezza ad essere migliore in quegli stati ma anche quello economico e della libertà a quante vogliono fare quel mestiere in assoluta legalità.
Ma, allora perché in Italia se ne parla e non si decide di porre fine a questo olocausto delle prostitute? È solo per una questione morale? Purtroppo credo proprio di si.

sabato 16 agosto 2008

Discorso tenuto da Gandhi alla Conferenza delle relazioni interasiatiche, New Delhi, 2 aprile 1947

Signora Presidente e amici, non credo di dovermi scusare con voi per il fatto che sono costretto a parlare in una lingua straniera. Chissà se questi altoparlanti porteranno la mia voce fino ai confini di questo immenso pubblico. Quelli di voi che sono lontani possono alzare la mano, se sentono quello che dico? Sentite? Bene. Bene, se la mia voce non vi giunge, non è colpa mia, ma colpa degli altoparlanti.
Quello che volevo dirvi è che non devo scusarmi. Non oso, visti tutti i delegati che si sono riuniti qua da tutta l’Asia, e gli osservatori – ho imparato questa parola pronunciata da un amico americano che disse: “Non sono un delegato, sono un osservatore”. Di primo impatto con lui, vi assicuro, pensavo venisse dalla Persia, ma ecco davanti a me un americano e gli dico: “Sono terrorizzato da te, e vorrei che mi lasciassi stare”. Potete immaginare un americano che mi lasci stare? Non lui e, quindi, ho dovuto parlargli.
Quello che volevo dirvi è che il mio idioma per me madrelingua, non lo potete capire, e non voglio insultarvi insistendo su di esso. Il linguaggio nazionale, Hindustani, ci metterà tanto tempo prima di rivaleggiare con un linguaggio internazionale.
Se ci deve essere rivalità, c’è rivalità tra francese e inglese. Per il commercio internazionale, indubbiamente l’inglese occupa il primo posto. Per discorsi e corrispondenza diplomatici, sentivo dire quando studiavo da ragazzo che il francese era la lingua della diplomazia e se volevi andare da una parte all’altra dell’Europa dovevi provare ad imparare un po’ di francese, e quindi ho provato ad imparare qualche parola di francese per riuscire a farmi capire. Comunque, se ci deve essere rivalità, la rivalità potrebbe nascere tra francese e inglese. Quindi, avendo imparato l’inglese, è naturale che faccia ricorso a questa parlata internazionale per rivolgermi a voi.
Mi chiedevo di cosa dovessi parlarvi. Volevo raccogliere i miei pensieri, ma lasciate che sia onesto con voi, non ne ho avuto il tempo.
Però ieri ho comunque promesso che avrei provato a dirvi qualche parola.
Mentre venivo con Badshah Khan, ho chiesto un piccolo pezzo di carta ed una matita. Ho ricevuto una penna invece di una matita. Ho provato a scarabocchiare qualche parola. Vi spiacerà sentirmi dire che quel pezzo di carta non è qui con me. Ma questo non importa, ricordo cosa volevo enunciare, e mi sono detto: “I miei amici non hanno visto la vera India, e non ci stiamo incontrando in una conferenza nel cuore della vera India”.
Delhi, Bombay, Madras, Calcutta, Amore – queste sono tutte grandi città e quindi, hanno subito l’influenza dell’Occidente, sono state fatte, magari eccetto Delhi ma non New Delhi, sono state fatte dagli inglesi. Poi ho pensato ad un breve saggio – credo che dovrei chiamarlo così – che era in francese. Era stato tradotto per me da un amico anglo-francese, e lui era un filosofo, era anche un uomo altruista e diceva che mi aveva dato la sua amicizia senza che io lo conoscessi, perché lui parteggiava per le minoranze ed io rappresentavo, assieme ai miei connazionali, una minoranza senza speranze, e non solo senza speranze ma una minoranza disprezzata.
Se gli europei del Sudafrica mi perdonano per quello che dico, eravamo tutti “coolies” [lavoratore non qualificato a basso costo]. Io ero un insignificante avvocato “coolie”. A quei tempi non avevamo dottori “coolie”, non avevamo avvocati “coolie”. Ero il primo nel campo.
Ma sempre un “coolie”. Magari sapete cosa si intende con la parola “coolie” ma questo mio amico, si chiamava Krof – sua madre era francese, suo padre inglese – disse: “Voglio tradurre per te una storia francese”.
Mi perdonerete, chi di voi sa la storia, se nel ricordarla faccio degli errori qua e là, ma non ci sarà nessun errore nell’avvenimento principale.
C’erano tre scienziati e – ovviamente è una storia inventata – tre scienziati uscirono dalla Francia, uscirono dall’Europa alla ricerca della “Verità”. Questa era la prima lezione che mi aveva insegnato quella storia, che se bisogna cercare la verità, non la si trova su suolo europeo. Quindi, indubbiamente neanche in America.
Questi tre grandi scienziati andarono in parti diverse dell’Asia. Uno trovò la strada per l’India e diede inizio alla sua ricerca. Raggiunse le cosiddette città di quei tempi. Naturalmente, ciò avvenne prima dell’occupazione inglese, prima anche del periodo Mughal, così è come ha illustrato la storia l’autore francese, ma visitò comunque le città, vide la gente delle cosiddette caste alte, uomini e donne, fino a che non si addentrò in un’umile casa, in un umile villaggio, e quella casa era una casa Bhangi, e trovò la verità che stava cercando, in quella casa Bhangi, nella famiglia Bhangi, uomo, donna, forse 2 o 3 bambini (lo dico come me lo ricordo) e poi lui descrive come la trovò.
Tralascio tutto questo.
Voglio collegare questa storia a quello che voglio dire a voi, che se volete vedere il meglio dell’India, dovete trovarlo in una casa Bhangi, in un’umile casa Bhangi, o villaggi simili, 700.000 come ci insegnano gli storici inglesi. Un paio di città qua e là, non ospitano neanche qualche crore [unità di misura indiana che equivale a 10 milioni] di persone. Ma i 700.000 villaggi ospitano quasi 40 crore di persone. Ho detto quasi perché potremmo togliere una o due crore che stanno in città, comunque sarebbero 38 crore.
E poi mi sono detto, se questi amici sono qui senza trovare la vera India, per cosa saranno venuti? Ho poi pensato che vi pregherò di immaginare quest’India, non dal punto di vista di questo immenso pubblico ma per come potrebbe essere. Vorrei che leggeste una storia come questa storia dei francesi o altre ancora. Magari, qualcuno di voi vada a vedere qualche villaggio dell’India e allora troverà la vera India.
Oggi farò anche questa ammissione: non ne sarete affascinati alla vista. Dovrete raschiare sotto i mucchi di letame che sono oggi i nostri villaggi. Non voglio dire che siano mai stati dei paradisi. Ma oggi sono veramente dei mucchi di letame; non erano così prima, di questo sono abbastanza certo. Non l’ho appreso dalla storia ma da quello che ho visto io stesso dell’India, fisicamente con i miei occhi; e io ho viaggiato da una parte all’altra dell’India, ho visto i villaggi, i miserabili esemplari dell’umanità, gli occhi senza vita, eppure sono l’India, e ciononostante in quelle umili case, nel mezzo dei mucchi di letame troviamo gli umili Bhangis, dove troverete un concentrato di saggezza. Come? Questa è una grande domanda.
Bene, allora voglio illustrarvi un altro scenario. Di nuovo, ho imparato dai libri, libri scritti da storici inglesi, tradotti per me. Tutta questa ricca conoscenza, mi spiace dire, arriva qui da noi in India attraverso i libri inglesi, attraverso gli storici inglesi, non che non ci siano storici indiani ma neanche loro scrivono nella loro madrelingua, o nella loro lingua nazionale, Hindustani, o se preferite chiamarli due idiomi, Hindi e Urdu, due forme della stessa lingua. No, ci riferiscono quello che hanno studiato sui libri inglesi, magari gli originali, ma attraverso gli inglesi in inglese, questa è la conquista culturale dell’India, che l’India ha subito.
Ma ci dicono che la saggezza è arrivata dall’Occidente verso l’Oriente. E chi erano questi saggi? Zoroastro. Lui apparteneva all’Oriente.
Fu seguito dal Buddha. Lui apparteneva all’Oriente, apparteneva all’India. Chi ha seguito il Buddha? Gesù, di nuovo dall’Asia. Prima di Gesù ci fu Musa, Mosè, che apparteneva anche lui alla Palestina, ma verificavo con Badshah Khan e Yunus Saheb ed entrambi sostenevano che Mosè appartenesse alla Palestina, sebbene fosse nato in Egitto. Poi venne Gesù, poi Mohammad. Tutti loro li tralascio.
Tralascio Krishna, tralascio Mahavir, tralascio le altre luci, non le chiamerò luci minori, ma sconosciute in Occidente, sconosciute al mondo letterario.
In ogni modo, non conosco una singola persona che possa uguagliare questi uomini d’Asia. E poi cosa accadde? Il Cristianesimo, arrivando in Occidente, si è trasfigurato. Mi spiace dire questo, ma questa è la mia lettura. Non dirò altro al riguardo. Vi racconto questa storia per incoraggiarvi e per farvi capire, se il mio povero discorso può farvi capire, che lo splendore che vedete e tutto quello che vi mostrano le città indiane non è la vera India. Certamente, il massacro che avviene sotto i vostri occhi, mi dispiace, vergognoso come dicevo ieri, dovete seppellirlo qui. Il ricordo di questo massacro non deve oltrepassare i confini dell’India, ma quello che voglio voi capiate, se potete, è che il messaggio dell’Oriente, dell’Asia, non deve essere appreso attraverso la lente occidentale, o imitando gli orpelli, la polvere da sparo, la bomba atomica dell’Occidente.
Se volete dare di nuovo un messaggio all’Occidente, deve essere un messaggio di “Amore”, un messaggio di “Verità”.
Ci deve essere una conquista (applausi) per favore, per favore, per favore. Questo interferisce con il mio discorso, e interferisce anche con la vostra comprensione. Voglio catturare i vostri cuori, e non voglio ricevere i vostri applausi. Fate battere i vostri cuori all’unisono con le mie parole, e io credo che il mio lavoro sarà compiuto. Voglio lasciarvi con il pensiero che l’Asia debba conquistare l’Occidente.
Poi, la domanda che mi ha fatto un mio amico ieri: “Se credevo in un mondo unico?”. Certo, credo in un mondo unico. Come posso fare diversamente, quando divento erede di un messaggio di amore che questi grandi, inconquistabili maestri ci hanno lasciato? Potete esprimere questo messaggio di nuovo ora, in questa era di democrazia, nell’era del risveglio dei più poveri dei poveri, potete esprimere questo messaggio con maggiore enfasi. Poi completerete la conquista di tutto l’Occidente, non attraverso la vendetta perché siete stati sfruttati, e nello sfruttamento voglio ovviamente includere l’Africa, e spero che quando vi reincontrerete in India la prossima volta ci sarete tutti: spero che voi, nazioni sfruttate della terra, vi incontrerete, se a quell’epoca ci saranno ancora nazioni sfruttate.
Ho forte fiducia che se unite i vostri cuori, non solo le vostre menti, e capite il segreto dei messaggi che i saggi uomini d’Oriente ci hanno lasciato, e che se veramente diventiamo, meritiamo e siamo degni di questo grande messaggio, allora capirete facilmente che la conquista dell’Occidente sarà stata completata e che questa conquista sarà amata anche dall’Occidente stesso.
L’Occidente di oggi desidera la saggezza. L’Occidente di oggi è disperato per la proliferazione della bomba atomica, perché significa una completa distruzione, non solo dell’Occidente, ma la distruzione del mondo, come se la profezia della Bibbia si avverasse e ci fosse un vero e proprio diluvio universale. Voglia il cielo che non ci sia quel diluvio, e non a causa degli errori degli umani contro se stessi. Sta a voi consegnare il messaggio al mondo, non solo all’Asia, e liberare il mondo dalla malvagità, da quel peccato.
Questa è la preziosa eredità che i vostri maestri, i miei maestri, ci hanno lasciato.
M. K. Gandhi

A volte ritornano. Anche l'Ici

Da ponte di Legno (BS) dove ogni anno il 16 agosto si celebra l’ormai famoso meeting di ferragosto della lega nord padania libera Roma ladrona e chi più ne ha più ne metta di sigle e detti, che a volte ha pure ragione ma usa modi e toni che non sono accettabili, Umberto Bossi comunica agli italiani, governo incluso, “L'I.C.I. la rimetterò”. l'I.C.I., imposta comunale sulla casa che il governo di cui è Ministro, come aveva promesso in campagna elettorale Silvio Berlusconi, ha abolito lo scorso maggio fra le proteste dei Comuni. Il ministro delle Riforme Umberto Bossi ha spiegato ai giornalisti che bisogna passare da un sistema di finanza derivata, in cui è lo Stato a dare i fondi agli enti locali, a una forma di autonomia finanziaria, in cui loro stessi prendono direttamente le tasse. Della reintroduzione dell'I.C.I. il Senatur non ne ha ancora parlato né con il ministro dell'Economia Tremonti Giulio né con il premier Berlusconi Silvio, ma sulla questione non sembra disposto a fare passi indietro. “Bisogna dare a ciascuna istituzione l'autonomia finanziaria” ha detto Bossi, “i cittadini, ha aggiunto il Ministro del Carroccio, sono disposti a dare, se le tasse vanno ai loro Comuni, perché vedono i risultati: aiuole, strade, scuole”. Il ministro per la Semplificazione Calderoli Roberto ha spiegato “La proposta che porterò al tavolo del federalismo fiscale non sarà una semplice reintroduzione dell'Ici, ma prevederà la soppressione delle oltre dieci tasse relative alla casa (Stato, Regione, Comune) e la loro sostituzione con un tributo unico, proprio a vantaggio dei Comuni”.
Diverse sono le levate di scudi all’interno della stessa maggioranza. Netto il no di Foti Tommaso, dell'esecutivo di A.N. e deputato del Pdl, “L' I.C.I. è stata sepolta e nessuno la resusciterà”. Provando a gettare acqua sul fuoco il presidente dei deputati del Pdl Cicchitto Fabrizio ha detto: “Vista la situazione economica internazionale e quella del debito pubblico nell'immediato la detassazione degli straordinari e l'abolizione dell'Ici sulla prima casa sono gli interventi che il governo ha potuto fare nei confronti della pressione fiscale. Solo quando sarà decollato in tutti i suoi aspetti il federalismo fiscale si potrà riesaminare la questione dell'Ici”.

lunedì 11 agosto 2008

La guerra in Georgia?

Petrolio nel Caucaso tra pace e guerra
Nicola Melloni (Università di Oxford )
[31 Maggio 2005]
Pochi giorni fa è stata inaugurata la molto attesa e molto temuta pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan (Btc). Lunga 1770 kilometri. Costato 3,6 miliardi di dollari e capace di trasportare 1 milione di barili al giorno dal Mar Caspio al Mediterraneo, l’oleodotto attraversa tre paesi (Azerbaijan, Georgia e Turchia) in una della aree più instabili e pericolose del mondo: il Caucaso. Il progetto, fortemente voluto dagli Stati Uniti è stato realizzato con fondi internazionali (dalla Ebrd, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, all’Ifc, una consociata della Banca mondiale) e vede riunite in un consorzio molte tra le più grandi imprese petrolifere mondiali (tra cui l’Eni), guidate dalla British Petroleum (Bp).
La realizzazione dell’oleodotto va inquadrata e valutata in termini geopolitici, assai più che economici. Le riserve petrolifere del Mar Caspio sono seconde solo a quelle del Golfo Persico (ma c’è chi dice che potenzialmente potrebbero essere superiori), ma fino a questo momento era impossibile trasportare il greggio verso occidente senza passare per la Russia (o per l’Iran). Il potere di interdizione di Mosca era quindi grandissimo. Questo poteva andare bene fino a ché ci fosse stato un “nostro uomo” al Cremlino (Eltsin, in questo caso), ma con le rinate pretese imperiali della Russia di Putin, bisognava trovare un’altra soluzione. Le guerre cecene sono state funzionali come non mai agli interessi americani: Mosca non è in grado di controllare il proprio territorio nel Caucaso e quindi le pipelines russe non sono sicure.
Peccato che la situazione nelle altre repubbliche caucasiche non fosse propriamente migliore. La regione è dilaniata da guerre intestine, alleanze strategiche, banditismo e dittature. Tre piccoli stati (Azerbaijan, Armenia, Georgia), tre repubbliche che non esistono su alcuna cartina geografica ufficialmente riconosciuta (Nagorno-Karabakh, Abkhazia e Ossezia del Sud), due vicini grandi e scomodi (Russia e Turchia): il panorama non è di facile comprensione. Azerbaijan e Armenia sono in stato di guerra (calda o fredda, a seconda dei momenti) da oltre 15 anni, per via del Nagorno Karabakh, provincia azera a maggioranza armena; il confine tra Armenia e Turchia è chiuso, data anche la storica ostilità turca a riconoscere i diritti delle minoranze, tra cui quella armena, il cui genocidio, all’inizio dello scorso secolo, anticipava la feroce repressione contro i curdi. La Russia sostiene e foraggia le due repubbliche ribelli della Georgia (Abkhazia e Ossezia del Sud), in cui mantiene basi militari per non perdere tutto il proprio peso nella regione. In Azerbaijan da poco il potere è passato dalle mani di Aliev padre a quelle di Aliev figlio, ma visto che il paese è il più ricco produttore di petrolio della regione, gli Stati Uniti lo sostengono, fedeli all’idea che se “Parigi val bene una messa”, il petrolio val bene una dittatura. Anche i Turchi sono schierati di conseguenza, mentre la Russia appoggia, anche se con meno enfasi, l’Armenia.
L’oleodotto, ovviamente, gira attorno all’Armenia, al Nagorno Karabakh e alle province ribelli della Georgia. Proprio in quest’ultimo paese, che pur orientato verso Occidente adottava con Shevarnadze la politica dei due forni, l’anno scorso si è svolta la cosiddetta rivoluzione delle rose, che ha portato stabilmente Tblisi in zona americana, e dove ora la polizia è addestrata dall’esercito americano su come difendere le pipeline. Esercito americano che, presente sul territorio, potrebbe pure difendere le installazioni da sé, qualora se ne presentasse la necessità. La visita di Bush di poche settimane fa mirava esattamente a questo. Ora l’amministrazione americana ha spostato le sue attenzioni sull’Azerbaijan per ottenere prerogative similari anche in quel paese.
Tutto questo non può che acuire la tensione nel Caucaso. Inoltre, a sorpresa, poche settimane fa anche il Kazakhistan ha deciso di unirsi al gioco di potenze nella regione, dichiarando di voler immettere il suo petrolio (è il secondo produttore dell’area post-sovietica dopo la Russia) nel BTC, ancora una volta a scapito delle pipeline russe che venivano utilizzate fino ad ora.
Insomma, a Mosca si vive la sindrome dell’accerchiamento. Con i fondi del petrolio si rafforzerà la dittatura di Aliev in Azerbaijan, che forte dell’appoggio incondizionato dell’Occidente potrebbe anche scegliere di cercare di chiudere i conti con l’Armenia. Saakashvili ed il governo georgiano sembrano decisi a fare lo stesso con le due repubbliche ribelli, alimentando la tensione nell’area. Alle spalle di tutti la Turchia cerca di rafforzare il suo progetto di egemonia sul Caucaso, sfruttando le incertezze di Mosca ed il supporto americano. L’Europa ha scelto, sottovoce, di prendere posizione a fianco degli Stati Uniti. British Petroluem (e di conseguenza il governo inglese) è, come si è ricordato, la capofila dell’impegno europeo sulla rotta del petrolio, spalleggiata sia da Eni che da Elf (Francia). La scelta, una volta di più, è miope di corto-raggio: da un lato si frena il processo di adesione della Turchia alla Ue, mentre dall’altro la si incoraggia nel suo progetto egemonico nel Caucaso e di repressione e sfruttamento del popolo curdo (la pipeline passa per un largo tratto sul Kurdistan turco, senza che quella popolazione ne goda dei discutibili frutti). Da un lato si dichiara la democrazia come un principio irrinunciabile, dall’altro si finanzia un regime corrotto e dittatoriale come quello azero. Da un lato, soprattutto, si vorrebbe provare a rendersi più indipendenti dagli Stati Uniti, dall’altro si isola la Russia e ci si prepara a diventare dipendenti dalla politica e dalla presenza americana anche per il petrolio che viene dall’Est.
Per l’oro nero si è sempre trafficato, spesso ucciso, si è comunque sempre cercato di sfruttare i paesi produttori, finanziando dittature ricche dei loro proventi ma che lasciassero sempre e comunque la fetta più sostanziosa alla rapacità occidentale, mentre le popolazioni locali sopravvivono nella miseria. Il Btc non fa eccezione.

martedì 5 agosto 2008

Lo dicono Gasparri e Meloni: Beppe Grillo ha ragione!

Lo dicono Gasparri e Meloni: Beppe Grillo ha ragione!
Qualche giorno fa sul tema della libertà degli atleti di manifestare il loro dissenso l’On.le Gasparri aveva detto: “Il Coni farebbe meglio a combattere il doping anziché la libertà”. La replica del presidente Petrucci era stata immediata: “Noi ci stiamo preoccupando del doping e non neghiamo nulla agli atleti. Sui diritti umani non abbiamo messo nessun bavaglio, non è assolutamente vero”. All'arrivo a Pechino, lo stesso Petrucci aveva ribadito la posizione del Coni sul tema dei diritti umani, rispondendo così alle accuse del presidente dei Senatori del Pdl, Maurizio Gasparri “Ci sono delle regole del CIO da rispettare, bisogna essere, sereni, realisti ed equilibrati. Non abbiamo messo nessun bavaglio, non è vero. Basta parlare con gli atleti”.
Ora, dopo Il gesto dell'atleta tedesca Imke Duplitzer, che ha annunciato di non prendere parte alla cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici di Pechino per protesta contro il mancato rispetto dei diritti umani in Cina il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri ha dichiarato: “sia da stimolo per tutti gli atleti, compresi quelli italiani”.
Ovviamente l'invito a disertare la cerimonia inaugurale dell'Olimpiade di Pechino rivolto da Gasparri non ha mancato di suscitare polemiche e se si aggiunge che tale invito è stato raccolto e rilanciato dal Ministro della Gioventù Meloni Giorgia, la quale ha detto: “dagli atleti azzurri serve un gesto forte ed in questo senso anche disertare l'inaugurazione sarebbe un segnale importante”.
Ovviamente in seno al governo non sono d’accordo il senatore Bossi Umberto e il presidente della camera dei deputati Fini Gianfranco i quali dicono: “se gli azzurri sono andati fin là, evidentemente vogliono sfilare. Mi sembra un pò ipocrita che uno vada là, per poi manifestare dissenso” , per il senatur e: “non abbiamo necessità di inviti particolari perché sanno perfettamente qual è il dovere morale cui adempiono nel momento in cui gareggiano” per il presidente.
Sibillina la dichiarazione del leader del partito democratico Veltroni Walter: “non spetta ai politici dire cosa fare agli atleti”
Puntuale la chiusura delle polemiche con la posizione assunta dal ministro per gli affari esteri Frattini Gianfranco: ”Gli atleti italiani sfileranno regolarmente alla cerimonia di apertura dei giochi e la bandiera italiana sarà regolarmente presente sulla pista dello stadio di Pechino. Quanto alle posizioni diverse espresse da esponenti della maggioranza e persino da membri del governo, il ministro spiega “Rispetto le opinioni di tutti, non c'è niente di più autonomo e libero dello sport, quindi non mi stupisco che ci siano posizioni diverse anche all'interno dell'esecutivo” e ancora “le olimpiadi sono una grande festa dello sport che nessuno può, vuole e deve politicizzare. Non vuole farlo il governo che rispetta le regole del CIO che stabilisce che cosa debbono o non debbono fare gli atleti”
Secondo fonti di stampa, il corriere della sera, sarebbe stato lo stesso Presidente Berlusconi Silvio a chiamare Frattini per chiedergli di spiegare alla stampa la versione di palazzo Chigi, ovvero che “il tema dei diritti umani si affronta ogni giorno e non nelle tre settimane dell'Olimpiade”.
Il CIO risponde, attraverso la sua portavoce Emmanuelle Moreau, all'appello del presidente dei senatori del Pdl Gasparri e del ministro Meloni a non partecipare alla sfilata di apertura, contro gli inviti agli atleti azzurri: “Deploriamo ogni invito rivolto agli atleti affinché non prendano parte all'inaugurazione dei Giochi olimpici”.
Dura la replica a Gasparri e al ministro Meloni anche da parte di Russo Clemente, peso massimo campione del mondo di pugilato: “Certi politici anche se sono vicini alle mie idee, sono incompetenti: non capiscono certe cose al di fuori del loro mondo. Non vedo perché disertare la cerimonia di apertura, allora tanto valeva boicottare i Giochi. E poi al ministro Meloni chiedo, ma lei diserterebbe l'occasione della vita?”. No all'invito di Gasparri anche da parte del pallavolista Vermiglio Valerio: “Per un atleta vivere l'apertura dei Giochi è la cosa più bella della vita. Esserci è tutto, non esserci sarebbe come per un credente rinnegare la propria fede o per un marito fedele, arrivare a tradire la moglie”.
Una cosa è certa nello sport non ci sono diritti umani che tengano e pur di non fermare una manifestazione di sana competizione agonistica non si bada a nulla sin dalla già sciagurata decisione di assegnarne l’organizzazione alla Cina fiore all’occhiello della democrazia contemporanea. Terra di grandi affari tra le industrie italiane e mondiali e il governo cinese, dove si lavora per 20 ore al giorno per 5 euro e si muore solo per aver scritto. La moralità nel mondo dello sport mondiale equivale al doping, quindi bisogna combatterla.

venerdì 1 agosto 2008

Lettera a Padre Farinella in occasione del suo pensionamento

LOCATI 1 AGOSTO 2008
Padre Farinella
Ricordo ancora il Suo arrivo a Locati voluto dall’allora Vescovo della Diocesi di Cefalù che Lo ha incaricato di occuparsi dei peccati della comunità locatese, di quel giorno di forte calura estiva, della Chiesa gremita di locatesi e di come mise in chiaro la Sua disponibilità ad esercitare il Suo ministero ovunque il Vescovo avesse disposto.
Non posso non ricordarLe che da quel giorno Lei non è più andato altrove.
Ricordo la diffusa incredulità di tutta la popolazione nell’ascoltare i suoi edotti sermoni; ricordo i suoi insegnamenti al rispetto, all’impegno, all’educazione, al lavoro duro e onesto, a non essere lagnusi, alla moralità, alla morigeratezza, alla solidarietà, all’amore per Dio il Suo Verbo e per questo fazzoletto di terra voluta e creata così da Dio stesso; ricordo la Sua capacità di arrabbiarsi e di richiamare dall’alto del suo pulpito, anche nelle occasioni di giubilo, una comunità ritenuta sonnolente, distratta e tendente anche ad essere attratta da vizi catastrofici; ricordo la capacità di volere organizzare un interesse sociale e culturale “diverso” per i giovani e tutte le persone di buona volontà; ricordo la spiritualità del Suo ministero; ricordo il Suo amore per la cultura; ricordo della Pro-Loco e del suo orgoglio per averla costituita e del suo giusto forte rammarico e disappunto nel vederla chiudere.
Ricordo dei gruppi teatrali e folkloristici, della prima sagra della vendemmia, della riattivazione della festa in onore della Madonna del Rosario di Locati, della festività del Santo Natale e del Presepe da Lei fortemente voluto divenuto, poi, orgoglio dell’intera comunità cattolico-cristiana locatese che lo vede promosso e inserito, da RAI 3 Sicilia, nell’itinerario turistico di Sicilia tra le cose più belle da visitare, ricordo della squadra di calcio; ricordo dell’ “invidia” verso il Nostro Parroco e il nostro operato delle genti delle altre comunità cattoliche delle madonie. E ricordo di quanti hanno sempre silenziosamente lavorato insieme a Lei per ottenere gli ottimi risultati che tutti, a Locati e in Sicilia, hanno potuto apprezzare in tutti questi anni.
Personalmente nel ricordo che ho di Lei e nell’insegnamento ricevuto nell’esercizio del Suo ministero ho trovato un punto di riferimento costante quando ho voluto impegnarmi nell’amministrazione di Bompietro e del suo insegnamento la ringrazio.
Ora ha deciso di riprendere il Suo viaggio interrotto a Locati e come tutti quelli che vanno via, il commiato è un momento di grande tristezza e di grande solitudine.
È il difficile momento di dovere incontrare una comunità amata per dirsi addio.
Nell’impossibilità di incontrare la comunità per dare e ricevere il giusto saluto, il giusto osanna e il giusto riconoscimento per quanto dato e quanto ricevuto affido a questa lettera di adempiere il compito del saluto e del ringraziamento per tutti questi anni trascorsi in comunione a Locati.
Armando Calabrese